Stress psico-fisico, cattive abitudini alimentari, uso scorretto di farmaci, possono contribuire alla comparsa/esacerbazione di patologie a carico dell’apparato genito-urinario con notevoli ripercussioni nella quotidianità della donna
Le infezioni urinarie (IVU) sono considerate le più frequenti infezioni a livello mondiale provocate prevalentemente da batteri. La prevalenza varia con il sesso, l’età e la presenza di fattori predisponenti. Il fattore principale che contribuisce alla comparsa di infezioni a livello vaginale e dell’apparato urinario è la comparsa di uno squilibrio a carico della flora vaginale batterica.
In un adulto sano a livello della vescica è fisiologicamente presente un microbioma urinario costituito da numerosi microrganismi (batteri e miceti) che vivono in relazione simbiontica con l’organismo ospite ma che in presenza di alterazioni dell’ambiente fisiologico possono diventare patogeni e portare all’instaurarsi di uno stato infiammatorio a livello dell’apparato urinario.
Il microbiota presente a livello vaginale è costituito da ceppi di microrganismi che vivono in simbiosi con l’organismo della donna. E‘ importante ricordare che la microflora vaginale è un elemento dinamico che subisce notevoli cambiamenti durante le varie fasi che l’organismo femminile attraversa dall’età pre-puberale fino alla menopausa.
I fattori che influenzano la flora vaginale batterica sono:
condizioni di salute;
età;
andamento ormonale (in particolar modo il livello di estrogeni);
vita sessuale;
patologie preesistenti.
Gran parte della flora batterica vaginale durante l’età fertile della donna è costituita per circa il 90% dalla specie L. acidophilus (o bacillo di Doederlein) che compare a livello vaginale già al momento dell’attraversamento del canale del parto e va a costituire una parte della flora microbica simbionte della donna. Il ruolo principale è quello di mantenere un livello di pH acido, a livello vaginale per impedire l’attacco da parte di specie patogene non in grado di sopravvivere in tali condizioni in quanto preferiscono un ambiente leggermente alcalino. Per mantenere questi livelli di pH i lattobacilli metabolizzano il glicogeno producendo acido lattico.
La cistite è una delle infezioni delle vie urinarie (IVU) non complicate più diffuse che si manifesta con la comparsa di processi flogistici a carico dell’apparato urinario.
La prima causa scatenante è rappresentata dalla colonizzazione della vescica da parte di patogeni opportunisti quali: E. coli nel 70-95% ed occasionalmente altri patogeni come S. saprophyticus (5-10%), altri enterobatteri e raramente P. mirabilis e Klebsiella spp.
Recenti studi hanno posto in evidenza un aumento della prevalenza delle IVU del basso apparato urinario causate da E. faecalis. E‘ stato visto che tali microrganismi giungono a livello uretrale dall’intestino o attraverso la pelle ed instaurano infezioni soprattutto in presenza di condizioni predisponenti quali:
alterazioni dei fisiologici processi immunitari;
cateterismo per lunghi periodi;
diabete mellito;
ipoestrogenismo;
rapporti sessuali non protetti;
gravidanza;
scarsa igiene intima;
prolungate terapie antibiotiche;
prolungate terapie cortisoniche.
La terapia d’attacco dell’infezione prevede la somministrazione di farmaci antibiotici ma un contributo può essere fornito anche da modificazioni oltre che dello stile di vita anche dell’alimentazione. Spesso accade che inconsapevolmente si introducano nella quotidianità dei cibi che nel soggetto predisposto ad infezioni ricorrenti alle vie urinarie possono esacerbarne la sintomatologia.
La sindrome da cistite interstiziale/dolore alla vescica (IC/BPS) è una condizione debilitante associata alla comparsa di un intenso dolore pelvico e sintomi di accumulo a livello della vescica che colpisce circa l'80-90% delle donne. L'attuale incertezza riguardo all'eziologia ne influisce sia il trattamento tempestivo che il successo terapeutico.
Gli ultimi studi in merito mostrano un coinvolgimento del sistema immunitario dovuto alla concomitante presenza di patologie autoimmuni (lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, sindrome di Sjögren). A dimostrazione di ciò la rilevazione di profili di citochine alterate e infiltrazione di cellule immunitarie nei pazienti. Queste citochine hanno la capacità di dialogare in modo incrociato con il sistema nervoso, con conseguente iper-sensibilizzazione dei recettori del dolore, inducendoli a rilasciare la sostanza P e creando un circuito di feedback positivo di neuroinfiammazione.