E' possibile contrastare l'infiammazione cronica sistemica (ICS), causata da stili di vita errati e responsabile dell’insorgenza delle principali patologie croniche, attraverso un regime alimentare "antinfiammatorio"
La dieta antinfiammatoria potrebbe essere definita come un regime alimentare in grado di bloccare l’infiammazione.
L’infiammazione a cui si fa riferimento è l’infiammazione cronica sistemica (ICS), nota anche come infiammazione cronica sistemica di basso grado (o chronic low-grade inflamation), un meccanismo insidioso ed estremamente dannoso che riguarda una fetta sempre più ampia di popolazione e che, protratto nel tempo, può indurre l’insorgenza delle principali patologie croniche.
La comunità medico-scientifica infatti definisce l’infiammazione cronica sistemica come l’insieme dei processi cellulari che sottendono l’insorgenza delle principali malattie cronico-degenerative che possono esprimersi in quadri clinici di:
- obesità
- cancro
- patologie metaboliche quali diabete di tipo 2 e dislipidemie (es. colesterolo elevato, ipertrigliceridemia)
- patologie cardiovascolari (es. ipertensione, infarto acuto del miocardio, cardiomiopatie)
- sindrome metabolica (es. ipertensione + glicemia elevata + ipertrigliceridemia + bassi livelli di HDL + eccesso di grasso addominale)
- patologie dell’apparato gastro-enterico (per esempio morbo di Crohn, sindrome del colon irritabile – IBS)
- patologie neurodegenerative (es. morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, sclerosi multipla)
- patologie autoimmuni (es. tiroiditi, psoriasi, fibromialgia, artrite reumatoide)
- depressione e disturbi dell’umore
- infertilità
- allergie, intolleranze, dermatiti, cellulite, emicrania, asma bronchiale ecc.
Le cause dell’infiammazione sistemica cronica sono da ricercare nello stile di vita occidentale dominante e caratterizzato da:
- una dieta ricca di zuccheri semplici, farine raffinate, proteine animali, grassi saturi, e spesso ipercalorica (eccessiva assunzione calorica rispetto al reale fabbisogno energetico)
- scarsa attività fisica e tendenza alla sedentarietà
- abuso di farmaci (es. antibiotici)
- esposizione ad inquinanti ambientali (es. fumo, pesticidi)
- stress psico-emotivi prolungati
- alterazione dei ritmi fisiologici (es. insonnia).
Stili di vita così caratterizzati, protratti per mesi o anni porta gradualmente all’instaurarsi di uno stato infiammatorio cronico con sintomi tipici, spesso ignorati o, al contrario, sottostimati ed associati al fisiologico processo d’invecchiamento. I sintomi più comuni sono:
- malessere generale
- dolori articolari
- astenia (costante sensazione di debolezza/stanchezza)
- difficoltà di concentrazione
- sonnolenza diurna
- insonnia notturna
- gonfiore addominale
- alterazioni del transito intestinale
- intolleranze alimentari
Qualora i sintomi non siano evidenti o si voglia valutare la gravità dello stato infiammatorio, è possibile dosare alcuni parametri ematici quali:
- proteinaC reattiva (PCR): è una proteina prodotta dal fegato che funge da marker biologico stabile per la rilevazione dell’infiammazione in una fase precoce.
- insulina: oltre ad essere campanello d’allarme per la resistenza insulinica ed il pre-diabete, valori d'insulina superiori a 10 uIU/ml sono anche un indice di stato infiammatorio sistemico silente. L’insulina è l’ormone prodotto dal pancreas in risposta all'assunzione di cibo e che permette l’adeguata distribuzione di glucosio nelle cellule. La quantità di insulina prodotta è direttamente proporzionale alla quantità di carboidrati ingeriti ed in particolare alla concentrazione di glucosio nel sangue. Ingerire alimenti ad alto indice glicemico (es. zuccheri semplici) equivale a far "decollare" i valori d'insulina.
- omocisteina: è un amminoacido che, quando supera i valori di riferimento, si associa a un quadro infiammatorio e ad un rischio significativamente aumentato di osteoporosi, patologie neurodegenerative e patologie cardiovascolari (l’omocisteina è un indice predittivo di infarto e ictus di gran lunga superiore al colesterolo).
- cortisolo: noto anche come ormone dello stress, prodotto in risposta ad uno stress acuto (es. un esame, un colloquio di lavoro, un pericolo), è sempre molto elevato nei soggetti stressati cronici o sotto tensione continua. Risulta essere pericoloso in caso di stress cronico, poiché inibisce la risposta immunitaria e attiva la produzione di molecole pro-infiammatorie.
- rapporto acido arachidonico/acido eicosapentaenoico (rapporto AA/EPA o omega6/omega3): è il rapporto tra la quantità di acido arachidonico (AA) e acido eicosapentaenoico (EPA) presenti nelle membrane cellulari. L’AA è il capostipite dei grassi omega6 (proinfiammatori), mentre l’EPA è il capostipite e la forma attiva degli omega 3 (antinfiammatori). Il rapporto ottimale (4:1) è 1,5 che corrisponde al valore riscontrato nella popolazione giapponese più longeva al mondo (gli americani hanno un valore medio di 11). Un rapporto AA/EPA troppo elevato indica un livello infiammatorio elevato.
Ignorare i sintomi o sottovalutare parametri ematici alterati significa accelerare l’invecchiamento cellulare ed aprire la strada all’insorgenza di patologie croniche.
Senza voler entrare troppo nel dettaglio dei meccanismi biochimici, il principale organo coinvolto nell’insorgenza dell’ICS è l’intestino. Esso rappresenta infatti la più ampia interfaccia del nostro organismo con il mondo esterno, le cui funzioni principali sono rappresentate dall’assorbimento dei nutrienti e dal blocco ed eliminazione di molecole potenzialmente nocive ingerite o prodotte.
È l’organo nel quale risiede l’80% del sistema immunitario ed il microbioma intestinale. Quest'ultimo è un organo nell’organo, concentrato nel colon e dal peso di circa 1 kg, un grande ecosistema costituito da migliaia di miliardi di microrganismi con i quali viviamo in uno stretto rapporto di mutualistico scambio . Attraverso la dieta forniamo al microbioma i substrati nutritivi necessari alla sua proliferazione ed, in cambio, la comunità di microrganismi:
- scompone ed elabora diversi residui alimentari (come fibre e composti proteici) e produce sostanze come gli acidi grassi a catena corta (short chain fatty acids - SCFA) che rappresentano la principale fonte di nutrimento per le cellule del colon
- produce vitamine
- scompone farmaci e agenti cancerogeni
- contrastala proliferazione di batteri patogeni
- contribuisce allo sviluppo e alla maturazione del sistema immunitario, tenendolo in costante allenamento.
Un equilibrio naturalmente ben strutturato ma estremamente fragile e facilmente alterabile. Un microbioma alterato è un microbioma nel quale si creano le condizioni di proliferazione ottimali per microrganismi patogeni, ovvero microrganismi che normalmente sono presenti in piccole concentrazioni ma che appena si creano le condizioni ottimali iniziano a riprodursi in modo esponenziale. Tali microrganismi producono una serie di sostanze tossiche in grado di indebolire il sistema immunitario che finisce per “impazzire”, generando una serie di reazioni caotiche che si ostacolano vicendevolmente e che culminano con un danneggiamento dell’epitelio intestinale. L’alterata integrità dell’epitelio intestinale causa:
- il malassorbimento di elementi essenziali, con relativa carenza organica (Vitamina B12, Vitamina D, magnesio, ferro ecc.
- il riassorbimento di esotossine ed antigeni alimentari
- il riassorbimento di sostanze tossiche dovuto al ristagno di rifiuti alimentari
- il passaggio di molecole pro-infiammatorie tra i quali i radicali liberi nel circolo sanguigno.
Tutti meccanismi responsabili dell’instaurarsi dell’infiammazione sistemica cronica di basso grado.
“Tutte le malattie hanno origine nell'intestino”, affermava già Ippocrate (460-370 a.C.). Motivo per il quale la dieta gioca un ruolo importante. Una dieta antinfiammatoria può intervenire per curare un’infiammazione sistemica di basso grado ma anche per prevenirla. È un regime alimentare consigliabile a tutti i coloro i quali siano interessati al benessere del proprio corpo.
Una dieta antinfiammatoria bilanciata può:
- ridurre lo stress ossidativo mitocondriale
- stimolare il fegato a rigenerarsi e ripulirsi dai rifiuti metabolici
- modulare il rilascio dei mediatori dell'infiammazione (es. prostaglandine, citochine)
- inibire l'azione dei radicali liberi
- controllare la produzione insulinica
- modulare la risposta ormonale
- favorire la perdita di peso, qualora sia necessario.
Le basi sono molto simili a quelle della dieta mediterranea, e puntano a privilegiare gli alimenti anti-infiammatori a scapito di quelli pro-infiammatori.
Gli alimenti anti-infiammatori da privilegiare sono i seguenti.
Frutta e verdura: rigorosamente di stagione, di tutti i colori ed, ove possibile, km “0” e biologica. Oltre ad essere una grande fonte di fibra e minerali, un vegetale coltivato senza l’impiego di pesticidi o selvatico (es. frutti di bosco, cicoria, tarassaco) contiene elevate quantità di antiossidanti - carotenoidi, polifenoli, catechine, isocianati, vitamina C e vitamina E - in grado si ridurre i radicali liberi.
Cereali integrali: in chicco o sottoforma di farina, alternando quelli con glutine (frumento, farro, orzo, segale) e quelli senza glutine (riso, mais, avena, grano saraceno, quinoa, amaranto e miglio). Garantiscono stabilità glicemica ed impediscono i picchi insulinici, oltre ad aumentare il transito intestinale e fornire un substrato di crescita per il nostro microbioma "sano".
Legumi: ceci, lenticchie, fagioli, piselli, lupini ma anche soia (e derivati, tempeh e tofu) rappresentano le cosiddette proteine vegetali, fonte di fibra, acido folico e minerali come magnesio, ferro, zinco e potassio. Da preferire quotidianamente alle proteine animali (carni fresche e trasformate, salumi ed affettati, latte, formaggi ecc.).
Fonti di OMEGA 3: come precedentemente accennato, la valutazione del rapporto ω6/ω3 è un ottimo indicatore del grado di ICS. In una dieta antinfiammatoria, aumentare notevolmente il consumo di omega 3, sbilanciando notevolmente il rapporto ω6/ω3, significa favorire la produzione di prostaglandine e leucotrieni a sostegno delle reazioni antinfiammatorie. Perciò via libera a:
- Frutta secca e semi: in particolare noci, mandorle ma anche semi di lino (ed olio di semi di lino spremuto a freddo) rappresentano una fonte di proteine, fibra alimentare, grassi monoinsaturi e omega-3, acido eicosapentaenoico (EPA), acido docosaesaenoico (DHA) e acido alfa linolenico (ALA). Non è necessario farsi spaventare dalle calorie: una porzione di 20-30 g è indicata quotidianamente all’interno di un regime alimentare equilibrato.
- Alghe: ottima fonte di omega-3 (meglio se di origine europea).
- Pesce: pesce azzurro selvatico di piccola taglia (come alici, sogliole, sarde, acciughe, sgombri ecc) 2-3 volte alla settimana può essere sufficiente. Magari introducendo di tanto in tanto, se gradito, del pesce crudo precedentemente abbattuto per evitare contaminazioni batteriche e garantirsi un maggior assorbimento di ω3 (estremamente termolabili).
- Olio extravergine d'oliva: costituito per più dell'85% da acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e polinsaturi (acido linoleico ω6 e acido α-linolenico ω3), l'olio extravergine vanta molte micro-molecole essenziali come le vitamine liposolubili, i tocoferoli ed il β-carotene, e dall'alto potere antinfiammatorio, come fitosteroli e polifenoli. Meglio se aggiunto "crudo" dopo la cottura e senza esagerare (ogni cucchiaio di 10 g equivale a circa 100 kcal).
- Tè verde: ricchissimo di epigallocatechine, potenti antiossidanti, soprattutto se in foglie.
- Cioccolato fondente: ricco di antiossidanti, ma deve essere fondente almeno al 70% e di buona qualità. Per gli estimatori, le fave di cacao crude tostate.
- Spezie ed erbe aromatiche: un prezioso supporto antiossidante da usare in cucina, riducendo il consumo di sale. Per le erbe aromatiche alternare quelle fresche da vaso a quelle essiccate (origano, rosmarino, basilico, prezzemolo ecc.). Via libera anche a spezie non di tradizione mediterranea ma che hanno trovato grande spazio per il loro potere antiossidante quali zenzero, cannella e curcuma.
Alimenti pro-infiammatori
Gli alimenti pro-infiammatori da evitare sono i seguenti.
Zucchero: bianco, di canna grezzo o integrale cambia poco. Limitarlo ed evitarlo è solo questione di abitudine.
Cereali raffinati: in chicco (perlati) o sottoforma di farina 0 e 00 o derivati (pasta, pane e prodotti da forno) sono alimenti poveri di fibra e micronutrienti, ad alto indice glicemico e decisamente pro-infiammatori.
Cibi industriali: cibi ricchi di grassi saturi, zuccheri, sale, additivi, coloranti, dolcificanti, esaltatori di sapidità ecc., insomma un basso valore nutrizionale ed un alto potere infiammatorio. Spesso ricchi di omega 6, margarine, oli vegetali, olio di girasole, olio di mais, olio di soia. Biscotti, torte, merendine, snack, patatine, ma anche caramelle, cibi in scatola e precotti, processati o lavorati ad alte temperature quali affettati, insaccati, sottaceti e sottoli, ecc.
Solanacee e agrumi: in caso di un alto livello d’infiammazione sistemica cronica, tra i vegetali solanacee (peperoni, pomodori, melanzane e patate) ed agrumi (arance, pompelmi, mandarini) andrebbero limitati per il loro elevato contenuto di poliammine.
Latte e derivati: qualora lo stato infiammatorio sia elevato, andrebbero limitati il più possibile. Pur non innalzando la glicemia, richiedono una cospicua produzione di insulina e contengono lattosio, ormoni, fattori di crescita ecc.
Carne rossa e carne processata: l’International Agency for Research on Cancer (IARC) ha definito la carne rossa come probabilmente cancerogena (classe 2A della classificazione dello IARC) e la carne rossa lavorata (insaccati e salumi) come sicuramente cancerogena (classe 1). Oltre al rischio cancerogeno, è dimostrato l’alto potere acidificante e infiammatorio, strettamente connesso dipende sia dalle quantità sia dal modo con cui alcune componenti interagiscono con l'organismo ed in particolar modo:
- la lavorazione delle carni per la loro conservazione (salumi ed affettati)
- le modalità di cottura modificano le molecole presenti e ne generano di nuove (nitrosammine)
- eccessiva presenza di grassi saturi e di ferro del gruppo "eme" (ad alto potere ossidante)
Ove necessario, per potenziare l’effetto antinfiammatorio della dieta è possibile prevedere l’impiego di integratori di qualità come dei probiotici per ripristinare l’equilibrio del microbioma e correggere le disbiosi intestinali, oppure a base di omega 3 o di antiossidanti (vitamina C, E, curcumina, selenio, carotenoidi, coenzima Q10 ecc.).
In conclusione, scegliere una dieta antinfiammatoria è possibile per tutti:
- Per curare quello stato di malessere generale che pervade e del quale sembra non esserci scampo.
- Per prevenire l’insorgenza di patologie rallentando l'invecchiamento cellulare fisiologico.
- Per tenere sotto controllo i sintomi della patologia cronica, migliorare la qualità della vita e rendere il corpo più ricettivo alle cure.
Può rappresentare un regime alimentare da instaurare sin dall’infanzia, associato a della sana attività fisica ed tecniche di rilassamento per combattere lo stress (meditazione).