Circa il 30% della popolazione soffre di ipertensione. In un 10% dei casi la causa di ipertensione arteriosa può essere riconosciuta e in questo 10% spesso sono comprese malattie dell'apparato endocrino
Si stima che l'ipertensione arteriosa interessi in Italia, in media, il 33% degli uomini e il 31% delle donne. Mentre il 19% degli uomini e il 14% delle donne sono in una condizione di rischio(1). L'incidenza di ipertensione, secondo i dati riportati dalla Società Italiana Ipertensione, ha una suddivisione regionale ben tipizzata(1):
Nord Est, il 37% degli uomini e il 29% delle donne sono ipertesi, il 22% degli uomini e il 16% delle donne si trovano in una condizione di rischio;
Nord Ovest, il 33% degli uomini e il 29% delle donne sono ipertesi, il 20% degli uomini e il 15% delle donne sono in una condizione di rischio;
Centro, il 31% degli uomini e il 29% delle donne sono ipertesi, il 18% degli uomini e il 13% delle donne sono in una condizione di rischio;
Sud e Isole, il 33% degli uomini e il 34% delle donne sono ipertesi, il 17% degli uomini e il 13% delle donne sono in una condizione di rischio.
Il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari cresce con l'aumentare dei valori pressori. Infatti un soggetto con valori di pressione sistolica di 120 mmHg (considerati assolutamente normali) ha comunque un rischio cardiovascoalre superiore a chi presenti una pressione sistolica di 110 mmHg. Tuttavia, secondo il consenso degli esperti, si ritiene che il rischio cardiovascolare aumenti al punto di giustificare un intervento terapeutico, anche farmacologico, in presenza di valori di pressione pari o superiori a 140 mmHg per quanto riguarda la pressione sistolica (la "massima") e/o pari o superiori a 90 mmHg per quanto riguarda la pressione diastolica (la "minima"). Valori di pressione compresi tra 140/90 e 160/110 sono definiti ipertensione arteriosa di grado 1, tra 160/100 e 180/110 si parla di ipertensione arteriosa di grado 2 e oltre i valori di 180/110 si parla di ipertensione arteriosa di grado 3.
La Società Europea di Ipertensione Arteriosa (ESH) e la Società Europea di Cardiologia (ESC) hanno pubblicato le nuove linee guida per la gestione dell'ipertensione arteriosa, semplificando la gestione terapeutica per i medici, con la raccomandazione che tutti i pazienti con una PA (pressione arteriosa) sistolica maggiore di 140 mmHg siano trattati, con alcune eccezioni per particolari categorie di pazienti, come quelli diabetici e anziani, per i quali valgono scelte terapeutiche personalizzate(2).
Nel giugno 2020 la International Society of Hypertension ha pubblicato la versione 2020 delle linee guida sul trattamento dell'ipertensione arteriosa. Oltre a confermare precedenti considerazioni, il documento cerca di mettere ordine anche nell'uso delle combinazioni precostituite di farmaci, sempre più utilizzate nella pratica clinica.
La definizione(3) di ipertensione arteriosa si basa sul riscontro ambulatoriale di una pressione sistolica ≥140 mmHg e/o una pressione diastolica ≥90 mmHg. La diagnosi non dovrebbe basarsi sul riscontro di valori elevati a una sola visita, ma su almeno due o tre rilevazioni, a intervalli di 1-4 settimane. Utilizzando una valutazione con Holter pressorio delle 24 ore, la diagnosi di ipertensione viene posta per un valore medio delle 24 ore maggiore o uguale a 130/80 mmHg, per un valore medio diurno maggiore o uguale a 135/85 mmHg e per un valore medio notturno maggiore o uguale a 120/70 mmHg. Sia il medico che spesso il paziente di fronte ad elevati valori di pressione arteriosa si chiede "come mai?". Nella stragrande maggioranza dei casi, allo stato attuale delle conoscenze, non abbiamo risposta, trattandosi della cosiddetta ipertensione essenziale.
Una specifica causa di ipertensione arteriosa può invece essere identificata in circa il 5-10% dei casi. Sospettare, diagnosticare e curare per tempo questo contingente di pazienti è fondamentale per cambiare radicalmente gli outcomes clinici di questi pazienti, anche dal punto di vista di economia sanitaria.
Le patologie più frequenti responsabili di ipertensione secondaria sono:
patologie renali (glomerulonefrite acuta e cronica, pirlonefrite cronica, rene policistico, vasculiti renali);
patologie endocrine (iperfunzione surrenalica: iperaldosteronismo primario, iperplasia surrenalica, Sindrome di Cushing, feocromocitoma, mixedema, tireotossicosi);
patologie cardiovascolari (coartazione dell'aorta, poliarterite nodosa, aumento della gittata cardiaca);
patologie neurologiche (aumentata pressione intracranica, sindrome delle apnee notturne).
In questo articolo si puntualizza il ruolo dell'endocrinologo cui spesso viene chiesto di dare il proprio contributo al percorso diagnostico e terapeutico del paziente iperteso, sia qualora gli venga inviato in consulenza da altri specialisti o dal medico di assistenza primaria, sia nei pazienti seguiti in prima persona per altre patologie. Purtroppo spesso il percorso diagnostico è complicato dal trattamento farmacologico in atto che condiziona l'interpretazione di alcuni test, in primis la determinazione del rapporto aldosterone renina (ARR v.oltre).
In primis l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Se l'acth, ormone ipofisario derivante dal clivaggio della proopiomelanocortina è il maggiore regolatore della secrezione da parte dei surreni di ormoni glucocorticoidi, un altro ormone prodotto dai surreni, l'aldosterone, è prevalentemente sotto il controllo di un altro ormone chiamato renina e conseguentemente sul sistema renina-angiotensina. Quindi la determinazione di questi due ormoni e in particolar modo del loro rapporto denominato ARR (aldosterone renina ratio) è il principale crocevia della valutazione endocrinologica. Alcuni aspetti clinici suggeriscono la necessità di richiedere esami di secondo livello tesi a diagnosticare l'eventuale sussistenza di ipertensione secondaria(4):
ipertensione stadio 2 (valori tra 160/110 a 180/110) e stadio 3 (valori superiori a 180/110);
ipertensione resistente (considerata come associazione di tre farmaci antiipertensivi a dosaggio pieno);
parenti di primo grado di pazienti affetti da iperaldosteronismo primario;
presenza di ipokalemia (bassi valori di potassio) spontanea o indotta da farmaci;
ipertensione in corso di incidentaloma surrenalico ("nodulo" di uno o entrambi i surreni per la cui valutazione è di pertinenza medico-specialistica);
ipertensione arteriosa o storia familiare di ipertensione arteriosa o eventi cardiovascolari esorditi primi dei 40 anni.
Vi è peraltro una stretta correlazione tra riscontro di elevati valori di aldosterone, incidenza e gravità di OSAS (sindrome delle apnee del sonno) in pazienti con ipertensione resistente(5). Purtroppo spesso il lavoro del clinico è complicato sia dalle terapie in corso, sia da ben precise regole di esecuzione tecnica del prelievo nonchè, infine, dalle diverse unità di misura utilizzate per la refertazione dai singoli laboratori.
Riguardo ai farmaci ricordo che molti di essi, utilizzati per la cura dell'ipertensione, alterano o il dosaggio dell'aldosterone o della renina. In particolar modo ace inibitori sartanici beta bloccanti diuretici calcioantagonisti diidropiridinici. E' essenziale pertanto che il prelievo venga effettuato dopo qualche settimana di wash-out da tali farmaci assunti sotto stretto controllo medico. Farmaci alternativi possono essere i calcioantagonisti non diidropiridinici (esempio verapamil a lento rilascio, idralazina, prazosina, doxasosina). Vedi tabella seguente.
Il prelievo deve essere effettuato con estrema attenzione, senza tenere il campione in ghiaccio. Il paziente deve essere sveglio e in piedi per almeno due ore e seduto al momento del prelievo per 15 minuti. Infine il dosaggio sia dell'aldosterone che della renina può essere espresso in differenti modalità ed unità di misura, complicando di gran lunga il percorso diagnostico. Ad esempio l'aldosterone può essere espresso in unità convenzionali (ng/ml) o internazionali (pmo/lt). La renina a sua volta può essere misurata o direttamente (DRC) o come attività renina plasmatica. Entrambe queste metodiche possono poi essere espresse in unità convenzionali o internazionali. L'intreccio di queste variabili porta a diverse combinazioni di valori che il clinico è tenuto a interpretare. La tabella sottostante (la cui interpretazione è di pertinenza medico-specialistica) indica i cut off maggiormente utilizzati con le varie combinazioni di unità di misura e di modalità utilizzate.
L'eventuale sospetto di iperaldosteronismo deve successivamente essere convalidato da test di conferma; al momento sono 4 i test disponibili:
- test al captopril
- test al carico salino orale
- test di infusione salina
- test di soppressione al fludrocortisone
La TAC surrenalica con valutazione delle unità di densità secondo la scala di Hounsfield e in alcuni casi con mezzo di contrasto per lo studio del rapporto di captazione e di wash-out sono utili per definire eventuali masse surrenaliche. La terapia può poi essere sia chirurgica che medica.
Vi sono altre cause di ipertensione endocrina, spesso suggerite dalla visita clinica prima ancora che dal laboratorio. Di sicuro la funzionalità tiroidea è da valutare; sia l'ipertiroidismo che l'ipotiroidismo pur con meccanismi differenti possono causare ipertensione arteriosa, con il caratteristico aumento della PA differenziale (differenza tra pressione arteriosa massima e minima) nell'ipertiroidismo conclamato. La SAC, ovvero la secrezione autonoma di cortisolo) si può manifestare con ipertensione arteriosa oltre alle caratteristiche fenotipiche dell'habitus cushingoide (obesità androide, acne seborrea, alterazioni psichiche, striae rubrae cutis atrophicae).
Nel sospetto si inizierà un iter diagnostico teso a dimostrare prima l'ipercorticismo (cortisolo libero urinario o salivare at ore 23 per almeno due campioni) o test di Nugent (test di soppressione notturna a basse dosi). Successivamente sia ulteriori test dinamici (esempio test di soppressione ad alte dosi) o di immagine (tac, rmn) o anche esami più invasivi (come il cateterismo delle vene surrenali o dei seni petrosi) permetteranno di localizzare eventuali neoplasie secernenti acth o steroidi. In rari casi saremo di fronte alla secrezione ectopica di acth.
Allo stesso modo è chiaro da tempo il beneficio anche su questo parametro delle terapie messe in atto per ogni grado di obesità (comportamentale, farmacologica, chirurgica). L'ipertensione arteriosa è presente in tutti i criteri diagnostici della sindrome metabolica, mentre ad esempio gli altri parametri tipici di tale sindrome (obesità, dislipidemia, disglicemia ecc..) sonoo variabili a seconda della società scientifica.
Un capitolo a parte meritano le sindromi adrenogenitali, in cui i difetti a diversi livelli della ormonogenesi steroidea causano sia carenza di alcuni ormoni sia l'accumulo di precursori che in alcuni casi possono avere attività sodioritentiva e quindi causare ipertensione.
Infine una importante e non così rara causa di ipertensione arteriosa: il feocromocitoma(8), malattia in cui vi è un abnorme produzione di particolari ormoni chiamati catecolamine (noradrenalina, adrenalina e i loro precursori o cataboliti). Il feocromocitoma può essere sporadico o familiare inquadrato in alcune forme di neoplasie familiari a causa genetica denominata MEN (multiple endocrine neoplasia). In particolare la MEN2 (sindrome di Sipple, caratterizzata da alterazione del gene RET) è caratterizzato da coesistenza di carcinoma midollare della tiroide, feocromocitoma (nel 50% dei casi) e adenoma paratiroideo in circa il 20% dei casi. Nella variante 2b è presente habitus marfanoide, gangliomatosi diffusa e amoloidosi cutanea lichenoide. Al di là delle diverse classificazioni, il feocromocitoma lo possiamo riscontrare anche nella sindrome di Von Hipple Lindau (da alcuni autori denominata MEN 3 assieme al Carney complex).
L'incidenza di feocromocitoma e paraganglioma (analoga neoplasia del tessuto neuroectodermico) è stimata negli USA tra 1:6500 e 1:2500, anche se statistiche autoptiche mostrno frequenze anche più elevate (1:2000) indicando che molte di queste neoplasie rimangono non diagnosticate. Qualora tali tumori producono catecolamine causano quasi sempre ipertensione arteriosa a causa dei tipici effetti di questi ormoni sull'attività cardiaca e sul tono vascolare. Si calcola che tale patologia possa essere causa di ipertensione arteriosa nello 0,1-0,6% dei pazienti ipertesi(8).
La diagnosi può essere sospettata in caso di sintomi improvvisi e a pousses, in relazione alla produzione spesso discontinua di tali ormoni, associati a sudorazione, tachicardia, tensione e agitazione. La diagnosi si basa sulla ricerca delle catecolamine e dei loro metaboliti nelle urine delle 24 ore, a volte con più di una ricerca. La presenza di metanefrina è più specifica di localizzazione surrenalica mentre il catabolita della dopamina (metoxitiramina) e più indicativo di forme meno differenziate. La localizzazione della neoplasia avviene con la scintigrafia con metaiodiobenzilguanidina; in caso di forte sospetto e di negatività di tale esame si può ricorrere ad esami di secondo livello come la PET con fluorodesossiglucosio o dota peptidi. La terapia è il più delle volte chirurgica. Infine da ricordare come alcune condizioni interferenti con il metabolismo del calcio, come ad esempio l'iperparatiroidismo, possono causare ipertensione.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
1- Società italiana ipertensione: IPERTENSIONE i numeri in italia.
2- Bryan W, Mancia G, Spiering W, et al – 2018 ESC/ESH Guidelines for the management of arterial hypertension. European Heart Journal, ehy339, August 28th, 2018
3- 2020 International Society of Hypertension global hypertension practice guidelines; Journal of Hypertension: June 2020 - Volume 38 - Issue 6 - p 982-1004
4- Case detection: Diagnosis and treatment of patients with primary aldosteronism: an endocrine society clinical guidline; the journal of clinical endocrinology and metabolism 2008; 93(9); 3266-3281.
5- L’aldosterone plasmatico è correlato alla gravità delle apnee ostruttive durante il sonno in pazienti con ipertensione resistente ai farmaci*; CHEST Edizione Italiana 2007; 2:29-35Monique N. Pratt-Ubunama, MD; Mari K. Nishizaka, MD;Robyn L. Boedefeld, MD; Stacey S. Cofield, PhD;Susan M. Harding, MD, FCCP; David A. Calhoun, MD
6- Obesità e ipertensione arteriosa Paolo Verdecchia1, Bruno Trimarco; G Ital Cardiol Vol 9 Suppl 1-4 2008
7- Standard italiani per la cura del DIABETE MELLITO Sid – Adi 2018.
8- Pheochromocytoma; Lancet; 2005 Aug 20-26;366(9486):665-75