Come reagire ad un infortunio muscolare

Osteopatia

Viene definito infortunio quello che avviene durante un allenamento o un match a cui consegue l'assenza nei successivi allenamenti o match. Vediamo nel dettaglio come può essere classificato un infortunio e come trattarlo

Infortunio: definizione

Uno studio condotto dalla UEFA (Hagglund, 2005) ha definito dei criteri specifici e molto rigidi sulla definizione di infortunio: è un infortunio quello che avviene durante un allenamento o un match che causa assenza nei successivi allenamenti o match.

Infortunio: classificazione

La gravità dell'infortunio viene classificata come:

  • minima (1-3 giorni di assenza);

  • lieve (4-7 giorni di assenza);

  • moderata (8-28 giorni di assenza);

  • grave (oltre i 28 giorni). 

Una recidiva viene definita come un infortunio dello stesso tipo nello stesso punto di un precedente infortunio che avviene entro 2 mesi dal termine della riabilitazione del primo infortunio. Il mio intento principale è quello di spiegare al lettore come prevenire e ridurre al minimo gli infortuni e le conseguenti lesioni muscolari.

Infortuni: conosciamo i dati

Gli studi hanno dimostrato come gli infortuni muscolari hanno un'alta prevalenza nel calcio, tra il 20 e il 46% nei calciatori professionistici e tra il 18 e il 23% tra quelli dilettantistici. Si stima che una squadra con 25 giocatori vada incontro a 15 infortuni muscolari per stagione, mentre ogni giocatore subisca 0,6 infortuni all'anno con circa 2 settimane di assenza dai campi di gioco per infortunio.

Gli infortuni muscolari rappresentano il 31-46% di tutti gli infortuni nel calcio e, in ogni stagione, il 37% dei giocatori salterà allenamenti e partite a causa di un infortunio muscolare (Ekstrand, 2011). Parlando di squadre importanti e blasonate, si è indicato come 18 il numero indicatico di infortuni durante l'anno. Se ci considerano i diversi muscoli, si è visto come di questi infortuni, 7 colpiscano gli hamstrings, 3 il quadricipite, 5-6 l'inguine e 2-3 il polpaccio (Ekstrand, 2013).

Durante la preparazione estiva è stata registrata una bassa incidenza di infortuni a livello degli adduttori, hamstring e polpaccio paragonata al resto della stagione. Invece durante la preparazione un maggior numero di infortuni al quadricipite (Hagglund, 2013). Inoltre l'incidenza degli infortuni muscolari aumenta nei giocatori che hanno più di 30 anni, evidenziando come essi ne siano più soggetti negli allenamenti rispetto a giocatori più giovani.

La maggior parte degli infortuni muscolari (92%) avviene negli arti inferiori, in particolare nei 4 gruppi muscolari principali: hamstrings, adduttori, quadricipite e polpaccio (tutti muscoli bi-articolari, cioè che agiscono direttamente su 2 articolazioni). La locazione più comune delle lesioni è a livello della coscia (50%) seguito dall'anca/inguine (30%).

Gli hamstrings sono la principale sede di infortunio (12-37%), seguiti da adduttori (23%), quadricipite (19%) e polpaccio (12-13%). Non c'è differenza sostanziale tra gamba dominante e lesione muscolare, tranne per il quadricipite (il 60% avviene nella gamba dominante). Fortunatamente la maggior parte di questi infortuni (39-62%) sono di grado moderato, in particolare nei muscoli della coscia e del polpaccio.

Un dato interessante è quello relativo all'incidenza degli infortuni durante gli allenamenti e le partite. Più della metà degli infortuni muscolari (53%) avviene durante i match e il 47% durante gli allenamenti. In partita il rischio degli infortuni alla coscia aumenta con l'aumentare del tempo sia nel primo che nel secondo tempo, con una tendenza simile per gli infortuni all'inguine nel primo tempo, mentre il rischio per gli infortuni al polpaccio aumnetano in maniera sostanziale negli ultimi 15 minuti (Ekstrand et al, 2011). Circa il 16% degli infortuni muscolari sono ricadute. Non sono state osservate differenze nell'incidenza di re-infortunio tra i 4 gruppi muscolari. Solitamente, un re-inforrtunio causa un periodo di assenza maggiore del 30% rispetto all'infortunio iniziale. 

Infortuni: esami diagnostici

Per evidenziare se vi è effettivamente una lesione muscolare, gli esami diagnostici maggiormente utilizzati sono la risonanza magnetica e/o l'ecografia. Negli anni sono stati proposti diversi sistemi di classificazione che si basano sulla sintomatologia clinica, sui reperti di imaging (RM/ecografia) oppure una combinazione di entrambi.

Tuttavia, essendoci varie classificazioni, alcuni studiosi italiani hanno diviso la gravità in infortuni diretti e indiretti. Quelli indiretti, a loro volta, vengono suddivisi in strutturali e non strutturali (Maffulli, 2013). Gli infortuni diretti vengono suddivisi in contusioni (lievi, moderati o gravi) e lacerazioni. Quelli indiretti possono essere dovuti ad una lesione completa o parziale del muscolo (strutturali) e affaticamenti/prolungate contrazioni eccentriche (non strutturali).

Infortuni: diagnosi

Nella mia esperienza clinica un infortunio muscolare e di conseguenza la sua gestione non è sempre semplice, soprattutto negli sportivi dilettanti. Il motivo è semplice: l'esame clinico non è chiaro e spesso gli atleti non effettuano alcun esame diagnostico. Per questi motivi, per effettuare una corretta diagnosi è molto importante raccogliere un'anamnesi dettagliata sia sul meccanismo d'infortunio che della storia clinica del paziente, insieme ad un attento esame clinico. Un obiettivo importante è quello di fare diagnosi differenziale tra i pazienti che necessitano di un possibile intervento chirurgico da quelli per cui è possibile procedere in maniera conservativa attraverso un piano terapeutico personalizzato.

L'esame fisico comprende l'ispezione e la palpazione dell'area infortunata e dei test sulla funzionalità dei possibili muscoli infortunati con e senza resistenza. E' importante che i test vengano fatti bilateralmente per avere un paragone sui due lati. L'esame fisico serve a determinare la localizzazione e la gravità dell'infortunio. Parlando di trattamento chirurgico, esso deve essere effettuato solo in casi di rottura muscolare completa, distacco tendineo e presenza di un importante ematoma intramuscolare.

Sulla possibilità di intervento vi sono delle controversie. Alcuni studiosi affermano che la chirurgia non deve essere considerata e altri affermano che, se seguita da una riabilitazione post.operatoria, potrebbe essere molto utile nei casi di dolore cronico di oltre 4-6 mesi (Jarvinen, 2005). Altri medici ancora sostengono che l'intervento chirurgico è consigliato solo in caso di una lesione completa dell'inserzione prossimale del complessa muscolo-tendineo (Mann, 2005).

Per costruire un buon programma riabilitativo bisogna tenere in considerazione diversi fattori: biologia della lesione muscolare, meccanismo di infortunio, anatomia e biomeccanica del muscolo coinvolto e fattori di rischio infortunio. Dal punto di vista biologico, la guarigione di una lesione muscolare è il processo riparativo con la formazione di una cicatrice. Il processo di guarigione ottimale si ottine stimolando la rigenerazione e minimizzando la riparazione, in modo da ottenere la cicatrice più piccola possibile.

E' stato dimostrato che un buon programma terapeutico si debba basare su più elementi: forza, elasticità, mobilità, propriocezione, capacità neuromuscolari. Ogni programma verrà stabilito su ogni atleta in base alle sue caratteristiche e sul tipo di lesione che ha avuto, per cui non esiste un programma standard.

Infortuni: prevenzione

Molti miei pazienti mi chiedono come si possa prevenire un infortunio muscolare e la mia risposta è sempre molteplice. Vi sono 2 tipologie di allenamento per diminuire rischi futuri.

  • Allenamento eccentrico: molto consigliato in quanto numerosi studi hanno dimostrato come allenamento sia efficace nella riduzione degli infortuni agli hamstrings (Askling, 2014; Rahnama, 2013; Mendiguchia, 2012).

  • Propriocezione: è stato dimostrato che la capacità propriocettiva ha effetti positivi non solo nella prevenzione delle lesioni muscolari, ma anche per altri tipi di infortuni, come ad esempio tendinopatie patellari e Achillee e per le distorsioni di caviglia e ginocchio (Emery, 2007; Mcguine, 2006).

Un'altra domanda che mi viene fatta spesso è: "Dottore, quando posso tornare a giocare?". La tempistica per il ritorno in campo è un argomento molto dibattuto. Poichè il rischio di recidiva è molto alto (14-16%, Maffulli, 2013), l'obiettivo principale è quello di permettere all'atleta di rientrare in campo minimizzando questo rischio. 

I criteri per il ritorno all'attività sono:

- assenza di dolore

- completa mobilità articolare con assenza di dolore

- test funzionali positivi

- partecipazione dell'atleta ad almeno 6 sessione intere di allenamento.

In base alle risposte che il corpo ci darà, saremo in grado di stabilire con maggiore esattezza i tempi di recupero. In conclusione è evidente come un infortunio muscolare non è poi così banale come in genere viene descritto.

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