Come aiutare i bambini a crescere più sicuri di sé

Psicologia

Insegnare ai propri bambini l'alfabeto delle emozioni lì renderà adulti sicuri di se stessi. In psicologia non è affatto difficile imbattersi nell’ espressione “alfabetizzazione emotiva”, vediamo di cosa si tratta

Alfabetizzazione emotiva: perchè è importante?

Alfabetizzazione emotiva significa semplicemente educare alle emozioni, insegnare l’alfabeto delle emozioni. Essere in grado di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri è importantissimo durante la crescita del bambino perché permette di incrementare sicurezza, efficacia ma anche autonomia e tolleranza alle frustrazioni.

Se un bambino ha difficoltà a leggere le emozioni degli altri, oltre che le proprie, può sperimentare una sofferenza emotiva che spesso esprime attraverso comportamenti oppositivo-provocatori o con atteggiamenti caratterizzati da eccessiva chiusura che possono avere ripercussioni anche nella vita adulta. Non riconoscere che una data situazione, o un dato atteggiamento nei nostri confronti ci fa arrabbiare, per esempio, porterà a farci vivere quella situazione con maggiore frustrazione e presumibilmente, con una minore capacità di gestire la rabbia che ne deriva.

Imparare a leggere le emozioni, invece, aiuterà il bambino a diventare un adulto in grado di vivere in modo sereno la propria quotidianità e con facilità la relazione con l’altro.

A quale età bisogna insegnare l’alfabeto delle emozioni ai bambini?

Dobbiamo pensare che il bambino quando nasce è analfabeta anche dal punto di vista emotivo e che quindi, sin dai primi mesi di vita, deve essere guidato dalle figure adulte nel processo di riconoscimento delle emozioni.

È un processo che inizia con quello che in psicologia viene chiamato “rispecchiamento emotivo”. A partire dalla nascita è come se il volto della madre facesse da specchio per il neonato; se in questa fase la madre riesce ad accogliere l’emozione che il bimbo le trasmette tramite l’espressione facciale e a restituirla con empatia al bambino attraverso l’espressione del proprio volto, il bimbo inizierà a sviluppare la capacità di leggere e comprendere le proprie emozioni sviluppando poco alla volta un senso di sé e degli altri. Se il bambino piange, ad esempio, la mamma tenderà a rispecchiare la sofferenza espressa del bambino corrugando la fronte, mentre risponderà con un sorriso ad una risata.

Si può intuire, quindi, l’importanza di favorire il processo di alfabetizzazione emotiva del bambino durante la sua crescita. Quello che si fa come professionisti è aiutare il bambino a sviluppare o ad incrementare quella che Goleman ha definito intelligenza emotiva.

Cos’è l’intelligenza emotiva?

Intelligenza emotiva significa:

  • riconoscere la presenza nel corpo delle emozioni;

  • riuscire a dare un nome alle emozioni;

  • imparare ad esprimere in modo appropriato le emozioni;

  • essere in grado di collegare le emozioni a qualcosa di antecedente che è accaduto;

  • riuscire ad esprimere le emozioni in modo appropriato.

In poche parole, intelligenza emotiva significa essere consapevoli del legame esistente tra emozione, corpo e mente.

La scuola che ruolo gioca nel processo di alfabetizzazione emotiva?

La scuola è il luogo in cui il bambino trascorre molto tempo della sua vita e in cui ha bisogno di poter comprendere e gestire le emozioni che può sperimentare in questo specifico ambiente. Un bambino quando va a scuola deve far fronte ai compiti e alle verifiche, ma anche imparare a relazionarsi con adulti esterni alla famiglia e con i suoi pari.

Un bambino che ha difficoltà a gestire l’ansia, ad esempio, potrà ottenere ad una verifica un risultato più basso rispetto ad un compagno che ha la stessa preparazione ma riesce a gestire meglio l’ansia; allo stesso modo un bambino in grado di creare relazioni positive con compagni ed insegnanti andrà a scuola con più serenità e con tutti i benefici che ne derivano sia da un punto di vista relazionale che didattico.

Realizzare progetti di alfabetizzazione emotiva all’interno della scuola e non al di fuori del contesto scolastico, consente di lavorare con una classe di bambini abituati a relazionarsi tra di loro quotidianamente (quindi con dinamiche relazionali spesso consolidate) permettendo di fare emergere difficoltà interne al gruppo. Tali difficoltà potranno, dunque, essere affrontante portando benefici al clima della classe con effetti positivi apprezzabili anche durante l’attività didattica.

Cosa si fa in un laboratorio di alfabetizzazione emotiva?

Il primo intervento che si fa è quello di lavorare sul riconoscimento delle emozioni per dare loro un nome, lavorando anche su come le esprimiamo. Successivamente si lavora sul legame esistente tra emozione e corpo: dove sento le emozioni?

Si passa poi ad analizzare quando il bambino prova una specifica emozione, collegando, dunque, l’emozione ad un evento antecedente. Ci si sofferma, poi, su quelle che vengono definite emozioni dannose, come rabbia e tristezza. Si procede insegnando alcune tecniche per gestire queste emozioni, tecniche basate su rilassamento e regolazione della respirazione. Si riflette su durata, persistenza ed intensità dell’emozione negativa.

Si conclude con il teatro emotivo, ovvero la messa in scena delle emozioni, per rafforzare il legame esistente tra emozione che vivo, situazione che l’ha generata e pensiero connesso.

Quindi è come una sorta di seduta di gruppo per bambini?

I laboratori di alfabetizzazione emotiva possono essere paragonati a sedute di gruppo per bambini poiché si lavora tanto sul gruppo, fondamentale per il confronto e per comprendere che le emozioni che proviamo le provano anche gli altri.

Il bambino potrà sperimentare che le situazioni che lo fanno arrabbiare, ad esempio, sono le stesse che generano rabbia in altri suoi compagni, e che, invece, il modo di esprimere un’emozione come la tristezza, può essere diverso da persona a persona e così anche il modo di gestirla (la tristezza può spingere il bambino o a ricercare la vicinanza di qualcuno in grado di consolarlo o a isolarsi dagli altri).

Cosa può fare la famiglia per favorire nella quotidianità il processo di alfabetizzazione emotiva?

La famiglia gioca un ruolo fondamentale in questo processo. I genitori sono un modello di riferimento per i propri figli, per questo motivo è importante il dialogo. Si può approfittare del momento della cena per chiedere al bambino come è andata la sua giornata, approfittando delle situazioni raccontate per approfondirle. Se il bambino racconta di un litigio con un amico risulta importante non minimizzare l’emozione, darle la giusta importanza e cercare di indagare come il bambino è stato in quella situazione e le eventuali difficoltà che ha incontrato. Ascoltare il bambino con attenzione ed interesse permette di sintonizzarsi sulle emozioni espresse dal bambino con empatia aiutandolo, eventualmente, a dare un nome alle emozioni che ha sperimentato.

Fondamentale è non avere paura delle emozioni. Socialmente si tende a non mostrare emozioni come rabbia e paura, ma se un bambino impara che alcune emozioni sono da evitare come può imparare a farvi fronte? Un genitore che percepisce che il figlio è arrabbiato dovrebbe validare l’emozione del bambino (es. "Sei arrabbiato perché stiamo andando via dal parco giochi? Lo so che ti piace tanto giocare. Torneremo domani.")

I genitori, in sintesi, dovrebbero provare ad insegnare ai propri figli che le emozioni e i sentimenti si possono fronteggiare. Per far questo, è importante che le figure genitoriali stesse siano in grado di gestire le proprie emozioni, in modo da potersi porre come modello positivo e poter guidare i propri figli.

I percorsi di alfabetizzazione emotiva si pongono come obiettivo quello di creare uno spazio rivolto ai bambini per incrementare le proprie competenze emotive, uno spazio nel quale si sentano liberi di esprimere dubbi e difficoltà, uno spazio nel quale abbiano modo di comprendere che la relazione con l’altro può non essere sempre facile, ma che possiamo trovare strategie per viverla con maggiore serenità e facilità.

 

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