Il tempo delle riaperture post-Covid tanto agognato è finalmente arrivato ma siamo davvero pronti a ripartire? Nonostante l'attesa infatti in molti avvertiamo un senso di insoddisfazione e malessere, senza gioia nè dolore. Vediamo di che si tratta.
Finalmente il tempo delle riaperture è arrivato con grande gioia e soddisfazione di molti eppure permane in tanti una sensazione inspiegabile di mancanza di benessere denominata “languishing” (languore).
Languishing è un termine inglese adottato dal sociologo e psicologo Corey Keyes e che in lingua italiana può essere liberamente tradotto come “languire”: si configura come uno stato di vuoto e stagnazione, che può caratterizzare alcuni individui.
Si colloca a metà tra il benessere e la patologia; non indica, infatti, un disturbo psicologico, ma è tipico di chi mostra bassi livelli di benessere (Keyes, 2002). Languishing è l'ultimo termine ad essere entrato nel dizionario della salute mentale. È definito come la l'assenza di benessere e la mancanza di motivazione.
Dopo mesi e mesi passati chiusi in casa in compagnia solo di noia e monotonia, è normale sentirsi un po’ apatici, vuoti e senza meta. Non siete da soli. Anzi, è molto probabile che la maggior parte delle persone in questo momento - dopo il caos, il dolore e lo stress dovuto alla pandemia e un anno di lockdown e restrizioni - stia vivendo questa stessa strana emozione.
Oggi possiamo considerarlo un effetto indiretto del Covid sul benessere mentale delle persone, sebbene già una ricerca del 2002 indagasse questa sensazione che ti fa languire in uno stato emotivo che non ha picchi né negativi né positivi, in cui non siamo infelici ma neanche felici. Come se fossi in letargo dalla vita, anche se continui a fare quelle piccole cose che ti sono concesse. Sopravviviamo, in pratica, in un limbo di restrizioni che si aprono e si chiudono come un ventaglio.
Un po' il contrario dell'effetto gambero, che invece si nutre della frustrazione di chi, durante questa pandemia, ha dovuto compiere scelte difficili tornando sui propri passi. Il languishing è strettamente imparentato allo stop che ha bloccato la nostra progettualità, imponendo un fermo ad aspettative e traguardi, obiettivi e piccoli successi personali.
In un recente articolo per il New York Times, lo psicologo Adam Grant ha spiegato cosa c’è alla base di questa sensazione di indifferenza che proviamo, racchiudendo perfettamente questo fenomeno di salute mentale nel termine languishing. Le sensazioni che stiamo già provando oggi e che probabilmente ci accompagneranno nei mesi seguenti non sono tristezza e assenza di energie, bensì mancanza di gioia e di scopi. È come, scrive Grant, confondersi tra i giorni, come osservare le nostre vite attraverso un vetro appannato. Non siamo depressi, ma, al tempo stesso, non stiamo funzionando al massimo delle nostre potenzialità. Ciò avviene perché stiamo sperimentando ormai da molti mesi l’assenza di una serie di aspetti positivi: programmazione di obiettivi, raggiungimento di soddisfazioni, socializzazione e interesse per la vita (Keyes, 2002).
Il languishing determina difficoltà di concentrazione e spegne la motivazione e, di conseguenza, influenza negativamente il rendimento scolastico e/o lavorativo e le relazioni sociali. Nessuno è immune dal “languire”, tuttavia i soggetti che risultano più competenti nella gestione dello stress sono meno inclini ad esso, in quanto si mostrano più resilienti.
Il languishing rappresenta un vuoto penetrante nell’anima, difficile da riempire, il che significa che questo stato di stagnazione è in realtà una forma di sofferenza, anche se non lo riconosciamo molto. Ciò che rende subdolo il languishing è che, per chi lo sta vivendo, è difficile identificarlo: spesso non si riesce a individuare questa forma di sofferenza latente e, quindi, si rimane indifferenti, non chiedendo aiuto.
«Languishing è il figlio di mezzo della salute mentale. È a metà tra la depressione e la prosperità. È l’assenza di benesse, non si hanno sintomi di disagi psichici, ma non si è nemmeno il ritratto di una buona salute mentale. Chi soffre di languishing non sta funzionando a pieno regime. Esso offusca la vostra motivazione, interrompe la vostra capacità di concentrazione e triplica le probabilità di ridurre l’efficenza di lavoro. È come se steste guardando la vostra vita da un finestrino appannato. Il languishing spegne le vostre motivazioni e distrugge la vostra voglia di fare».
Coniato per la prima volta nel 2002 dal sociologo americano Corey Keyes, si può dire che languishing è sinonimo di «una vita di quieta disperazione». Con le varie restrizioni in atto, la mancanza di contatto sociale e l’obbligo a lavorare da casa, le giornate sembravano fondersi in un ciclo monotono continuo senza eventi di rilievo.
L’arrivo del 2021 ha poi portato con sé un po’ di speranza: l’accesso ai vaccini contro il Covid-19 è stata per molti una luce in fondo al tunnel. Tuttavia, allo stesso tempo, ha enfatizzato quei sentimenti di attesa continua, e l’idea di non avere controllo sul proprio presente o su cosa porterà il futuro. Il languishing non è una malattia mentale, ma soffrirne significa non vivere in tranquillità e benessere. Quindi, proprio come un dolore sordo, se lasciato incustodito, può svilupparsi in problemi più seri.
Prima di tutto, è importante saperlo riconoscere. A riguardo, secondo gli esperti, ci sono alcuni segnali a cui prestare attenzione. Il languishing, infatti, può manifestarsi in molti modi: ad esempio si può essere più letargici, fare meno esercizio fisico, non essere minimamente interessati alla pianificazione di qualsiasi cosa, anche di eventi positivi come le vacanze.
Si preferisce stare lontani dalle persone, si è meno divertenti e più negativi o apatici riguardo alle questioni quotidiane, dalla politica allo sport. Fondamentalmente, è un cambiamento in negativo del proprio normale comportamento. Capita spesso, quando si è tristi per qualcosa, di applicare quella tristezza a tutto. Si amplia il malessere a ogni aspetto della vita, senza guardare solo ciò che fa davvero male.
Come si fa a concentrarsi solo sulla vera causa di quel malessere, così da tenere al sicuro altri aspetti che invece funzionano? Le emozioni negative tendono ad offuscare le nostre capacità cognitive accrescendo il malessere: ci fanno vedere la realtà in modo ristretto. Aprire l'obiettivo puntando sulle cose che in quest'anno, nonostante tutto, ci hanno aiutati è fondamentale. Sono quelle che, sulla bilancia, pesano di più in termini di priorità e funzionalità. E proprio ciò che è funzionale a farci stare bene e in equilibrio - anche l'ansia, in certi casi, lo diventa! - che abbatte la sensazione di limbo generata dal languishing, se questo non è la punta dell'iceberg di qualcosa che già covava. In questo caso chiedere aiuto è fondamentale per non acuire il malessere.
Per superare questo disagio psichico, Adam Grant suggerisce pratiche quotidiane basate sulla consapevolezza. Entra qui in gioco un concetto chiamato flow (flusso) che secondo Grant potrebbe essere l’antidoto contro il languishing. In altre parole, le persone che si sono immerse maggiormente nei loro progetti sono riuscite a evitare questo senso di apatia e vuoto, e hanno mantenuto il loro benessere mentale pre-pandemico. Il flow infatti non è altro che quello stato di abbandono che ci fa perdere temporaneamente la cognizione del tempo e dello spazio e che si prova quando si viene “assorbiti” da qualcosa che ci piace particolarmente.
Ognuno ha la sua attività preferita, bisogna quindi ritagliarsi del tempo per immergersi totalmente in essa – sia che si tratti di fare un cruciverba, attività di giardinaggio o guardare Netflix. Lasciarsi andare e immergersi nella realizzazione di progetti personali che ci gratificano, che riaccendono la motivazione e aumentano il benessere, contrastando così il languishing e quel fastidioso senso di vuoto.
Altri rimedi includono invece concedersi un po’ di tempo senza interruzioni, evitando quindi frequenti cambi di attività (come ad esempio controllare ansiosamente le email ogni dieci minuti) e concentrarsi su obiettivi piccoli e raggiungibili, uno alla volta, piuttosto che su una lunga lista di cose da fare.
Alcuni consigli (Grant, 2021) per affrontare il senso di vuoto del languishing sono:
dare un nome alle sensazioni percepite: aiuta a prendere coscienza del problema e a rendere più chiara una condizione inizialmente ambigua e confusa;
ricordarsi che non si è soli: il languishing è uno stato d’animo comune e sono molte le persone in tutto il mondo che stanno provando in questo momento le emozioni ad esso riferite;
focalizzarsi su piccoli obiettivi giornalieri: sono un modo per “rinnovare” l’entusiasmo partendo da piccoli passi.
Ma il principale antidoto contro il languishing è il flow, il flusso: lasciarsi andare e immergersi nella realizzazione di progetti personali che ci gratificano “accende” la motivazione e contrasta il senso di vuoto, con conseguente innalzamento dei livelli di benessere percepito. Portare a termine un lavoro o dedicarsi ad un hobby sono dei semplici esempi di attività che, coinvolgendo il soggetto, riescono ad allontanarlo dalla negatività (Betti, 2021). E allora coraggio, rimettiamoci all’opera e ricominciamo a Vivere trovando e inseguendo i nostri progetti e obiettivi, quelli veri, quelli del cuore.