Evidenze scientifiche hanno dimostrato la correlazione tra la malattia di Parkinson, l'Alzheimer e altre forme di demenza. Una persona su 4 affetta da Parkinson è a rischio Alzheimer e demenza
Età avanzata, disturbi precoci dell’equilibrio, durata della malattia, sono tutti fattori di rischio che espongono i pazienti parkinsoniani alla demenza. Lo spiega il dott. Giorgio Sacilotto, neurologo del Centro Parkinson e Parkinsonismi dell’ASST Gaetano Pini-CTO, referente del Centro per i Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD), in occasione della 27esima Giornata Mondiale di sensibilizzazione sul tema dell’Alzheimer, istituita nel 1994 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Alzheimer’s Disease International (ADI) e che ricorre il 21 settembre.
Secondo gli studi più recenti, pur interessando parti del cervello diverse, la malattia di Parkinson e l’Alzheimer potrebbero essere molto simili dal punto di vista biochimico. Inoltre, come l’Alzheimer anche il Parkinson causa disturbi del comportamento e perdita della memoria. “Generalmente i sintomi d’esordio dell’Alzheimer sono rappresentati da disturbo della memoria, del linguaggio e disorientamento spazio-temporale. Le forme correlabili al Parkinson e Parkinsonismi presentano invece all’inizio deficit dell’attenzione, delle capacità di calcolo, disturbi visuopaziali, per esempio difficoltà di copia di un disegno o disegnare un orologio, difficoltà di programmazione motoria e rallentamento dei movimenti. I pazienti possono avere allucinazioni e in alcuni casi cambiamenti del carattere, apatia e disinibizione" dice il dott Sacilotto.
La prevalenza della demenza in generale nei pazienti affetti da malattia di Parkinson oltre i 65 anni è di circa il 30%. Alcuni parkinsoniani possono presentare in realtà una malattia a corpi di Lewy, una tipologia di demenza tra le più diffuse. Quest’ultima ha uno stretto legame con il Parkinson, essendo entrambe malattie associate all’accumulo intraneuronale di una proteina di scarto detta alfasinucleina. “Altre forme di demenza – aggiunge il referente del CDCD dell’ASST Gaetano Pini-CTO –, in particolare la paralisi sopranucleare progressiva (PSP) e la degenerazione cortico-basale (CBD), presentano anch’esse dei sintomi parkinsoniani e sono legate all’accumulo anomalo cerebrale di un’altra proteina strutturale del neurone, detta proteina TAU. Tale proteina, iperfosforilata, è d'altra parte presente anche nel tessuto cerebrale dei malati di Alzherimer all'interno di depositi di proteine dette grovigli neurofibrillari. Recentemente la sperimentazione dei farmaci per la cura della malattia di Alzheimer si sta prorpio concentrando sull'impiego di anticorpi monoclonali anti-TAU che ne bloccano l'accumulo.
Su 684 pazienti con disturbi cognitivi con una età media di 76 anni in cura al CDCD dell’ASST Gaetano Pini-CTO negli ultimi 5 anni il 38,33% presentava una un demenza associata al Parkinson (PDD) od una Malattia a Corpi di Lewy Diffusi (LBD); il 27,81% erano paralisi sopranucleare progressiva (PSP); il 23,63% malattia di Alzheimer; il 7,93% degenerazione cortico-basale (CBD); 2,31% demenza frontotemporale (FTD). “L’elevata casistica delle Taupatie – sottolinea il dott. Sacilotto – ovvero quelle patologie neurodegenerative proteino-correlate che presentano un anomalo metabolismo della Proteina Tau, in particolare la paralisi sopranucleare progressiva e la degenerazione cortico-basale, di cui risultano circa 250 pazienti nel nostro database nell’ultimo quinquennio, consentono al nostro centro di essere in prima linea per la possibilità di sperimentare nuove terapie (cellule staminali, anticorpi monoclonali anti-TAU). Partecipiamo, inoltre, a studi volti alla individuazione di marker per la diagnosi precoce della malattia a corpi di Lewy, grazie alle tecniche per l’individuazione dell’alfasinucleina nella cute dei malati di Parkinson oltre a disporre di una banca dei tessuti nervosi e del DNA per conoscere più a fondo i meccanismi che ne sono alla base”.