Con l’aiuto di tre scienziati Fondazione AIRC risponde alle principali domande dei pazienti oncologici e delle loro famiglie, per contribuire a fare chiarezza in questo momento di emergenza coronavirus
Ad oggi le informazioni sul coronavirus (Covid-19) suggeriscono che sono soprattutto gli individui con pregresse patologie e gli anziani a rischiare le complicanze maggiori. Questo ha ovviamente messo in allarme i pazienti oncologici. Per questo motivo Fondazione AIRC ha chiesto a tre esperti di fare il punto della situazione e fornire utili indicazioni a chi è in cura per un tumore. Gli esperti consultati da AIRC sono: Giovanni Maga, direttore del laboratorio di Virologia molecolare presso l'Istituto di genetica molecolare di Pavia; Michele Milella, direttore del Dipartimento di Oncologia dell'Università di Verona e Francesco Perrone, direttore dell'Unità sperimentazioni cliniche dell'Istituto nazionale tumori di Napoli.
Per Giovanni Maga i pazienti oncologici possono essere più esposti al rischio di infezione e di eventuali complicanze, in relazione al tipo di tumore, alla condizione generale dei malati e alle cure a cui sono sottoposti. "Le terapie immunosoppressive, che riducono l'efficienza del sistema immunitario, espongono a un maggiore rischio di contrarre qualunque infezione. Non vi sono indicazioni che un paziente oncologico sia più a rischio di infettarsi specificamente con Covid-19. Inoltre maggiore è la gravità del tumore maggiore sarà il rischio di andare incontro a un decorso dell'infezione da Covid-19 più grave rispetto a una persona sana".
Per Francesco Perrone non esistono dati certi sui rischi di contrarre l'infezione da coronavirus durante la chemioterapia. "Tuttavia è ragionevole pensare, per analogia con quanto accade nel caso dell'influenza stagionale, che in presenza di immunosoppressione da chemioterapia ci possano essere più complicanze e che il loro andamento clinico possa essere peggiore".
Non ci sono ragioni che giustifichino l'interruzione o il rinvio di una terapia oncologica. Secondo Michele Milella "l'unica ragione che potrebbe portare a una decisione di questo tipo potrebbe essere il rischio sanitario connesso al luogo dove vengono effettuate le cure".
Entrambi i tipi di cure non espongono a maggiori rischi. Su questo punto Perrone chiarisce che "la terapia ormonale non agisce direttamente sul sistema immunitario e la radioterapia lo influenza meno della chemioterapia, quindi è ragionevole affermare che si può stare un pò più tranquilli".
Le regole generali di comportamento suggerite dal Ministero della Salute restano fondamentali per contenere il rischio di contagio anche per i malati oncologici. Perrone rassicura: "La mascherina serve solo nel caso in cui si pensi di poter essere affetti dall'infezione, e nel caso in cui si assista una persona sicuramente contagiata. Può anche essere utile per coloro che assitono malati di tumore in condizioni di immunosoppressione, per esempio durante l'abbassamento dei globuli bianchi causato dalla chemioterapia".
Milella spiega che in caso di infezione da coronavirus "in un paziente oncologico ci si comporta come avviene in caso di polmonite di origine batterica, il cui trattamento diventa prioritario rispetto a quello del cancro. Questo, d'altronde, avviene per tutte le malattie acute".
Chi assiste i pazienti oncologici può facilmente essere un veicolo d'infezione. Pertanto come spiega Perrone "è ragionevole che chi si prende cura di un malato di tumore, specialmente se è in chemioterapia, deve fare attenzione a non venire in contatto con soggetti che presentano sintomi come febbre e tosse". Nel caso un familiare o chi si prende cura di un malato manifestino sintomi di infezione respiratoria, suggerisce in aggiunta Milella, "è raccomandabile mantenere le distanze dal malato di cancro e osservare tutte le raccomandazioni contenute nel decalogo diffuso dal Ministero della Salute".
FONTE: AIRC - Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro