Da marzo di quest'anno stiamo combattendo contro un nemico invisibile: il coronavirus. Quanto l'attuale emergenza sanitaria mondiale, con tutte le sue conseguenze, ha inciso e inciderà sulla nostra mente?
Quarantena, corsa al rifornimento alimentare, ospedali sovraffollati e incapacità del sistema sanitario di far fronte al carico di malati, ricerca convulsa di mascherine e gel igienizzante. Questo lo scenario che ci ha investiti a marzo di quest'anno. Quanto tutto questo ha inciso e inciderà sulla nostra mente?
Il Coronavirus è piccolo, invisibile a occhio nudo, poco conosciuto e facilmente trasmissibile; tutto questo può scatenare una serie condizioni che vanno dal panico alla paura, dall'ansia all'ipocondria. Il panico costituisce un qualcosa di ricorrente nelle fasi iniziali di qualsiasi contesto che implichi una crisi, sia essa economica, sociale o sanitaria. La conseguenza certa della quarantena di massa, delle restrizioni, dei bollettini quotidiani, dell'aumento dei contagiati è la paura.
La paura è definita come un'emozione primaria di difesa provocata da una situazione di potenziale pericolo. Nelle paure c'è quindi la sensazione che qualcosa minacci la nostra esistenza o la nostra salute ma anche quella delle persone care. Si tratta di un'emozione dominata dall'istinto che ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto. La situazione può diventare ingestibile se alla paura si affianca l'ansia. Quest'ultima, quando supera un certo livello, può diventare invalidante.
In alcuni soggetti si può sviluppare, inoltre, una condizione di ipocondria, intesa come eccessiva preoccupazione per il proprio stato di salute percependo ogni minimo sintomo come un segnale inequivocabile di infezione da Coronavirus.
I fattori che hanno contribuito e condizionato l'evoluzione della paura del Covid-19 sono i seguenti:
imposizione di misure restrittive, lockdown prima e Italia divisa in zone dopo;
isolamento sociale con perdita del controllo delle proprie azioni e sensazione di sentirsi in trappola;
continuo desiderio di informazioni, se da un lato informarsi è importante dall'altro può essere controproducente se ci si affida a fonti non attendibili.
Le persone che possono essere considerate più vulnerabili sono:
soggetti di età avanzata;
soggetti con patologie preesistenti;
addetti ai lavori.
Ma la vulnerabilità non è soltanto fisica, ci sono persone e lavoratori che possono essere particolarmente vulnerabili sotto il profilo psicologico e che possono richiedere interventi di sostegno personalizzati. Per esempio: giovani tra i 16 e i 24 anni, persone con basso livello di istruzione, il non avere figlio o averne solo uno.
Nella popolazione anziana i disturbi mentali sono più frequenti con prevalenza di quelli di natura depressiva. L’alto tasso di mortalità tra i soggetti anziani, per quanto riguarda il Covid-19, potrebbe aggravare il rischio di sviluppare disturbi mentali o peggiorare quelli già presenti. Inoltre, gli anziani data la quarantena di massa e le restrizioni allargate anche al trasporto pubblico possono rappresentare una barriera importante nell’accesso alle strutture di cura e di supporto.
Un altro gruppo di persone che può essere colpito dalla paura della pandemia è rappresentato da coloro che soffrono già di patologie acute o croniche diverse dal Covid-19. In questo la paura di infettarsi porta il soggetto a rinunciare a visite mediche, esami e terapie.
Un'altra categoria di persone maggiormente vulnerabili è rappresentata dagli espatriati, basti pensare ai lavoratori e studenti che si trovano in paesi diversi dal proprio. Già in condizioni normali tale gruppo soffre maggiormente sotto il profilo psicologico e ha una più bassa qualità della vita. Questa situazione può peggiorare in maniera sostanziale durante l’epidemia da Covid-19. Possono essere incontrate difficoltà nell’approvvigionamento di mascherine o difficoltà linguistiche che possono limitare l’accesso ai supporti locali oppure si può essere vittima di discriminazione.
La consapevolezza di quelli che sono i fattori predisponenti verso una difficoltà sotto il profilo psicologico è molto importante per orientare le strategie di supporto necessarie.
Approcciare in maniera seria e conscia al problema è il primo passo fondamentale. Poi sarà molto importante:
attenersi alle regole, come lavare frequentemente le mani, evitare di toccare occhi e bocca, ecc;
evitare situazioni di allarmismo, frasi come “il bollettino dei morti è salito a …” o “dilaga il contagio…” o “questa regione è in ginocchio…”, oltre a non essere tecnicamente vere possono porre in una condizione di preoccupazione eccessiva;
usare i social media per scopi positivi, per esempio per sentire amici e parenti e condividere con loro la propria quotidianità evitando così quel senso di isolamento e solitudine;
riprendere progetti mai terminati, come finire di leggere un libro;
svolgere attività con i bambini in modo da infondere in loro un senso di sicurezza che può giovare a tutta la famiglia.
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