Sono circa 400.000 gli italiani che soffrono di artrite reumatoide, di questi quasi 55.000 devono fare i conti anche con il diabete di tipo 2, una ricerca italiana fornisce una svolta per semplificare la terapia
E' stato scoperto un farmaco contro l’artrite reumatoide in grado di abbassare anche la glicemia. A dimostrarlo uno studio italiano su pazienti con artrite reumatoide e diabete di tipo 2: basta un farmaco che "spegne" l’interleuchina-1 per migliorare i sintomi dell’artrite e ridurre al tempo stesso la glicemia, diminuendo del 42% la quota di pazienti con gli zuccheri fuori controllo e con un effetto positivo doppio che semplifica la terapia.
I risultati sono stati talmente netti e positivi da aver portato all’interruzione anticipata della sperimentazione. Le due malattie condividono alcuni meccanismi molecolari e questo potrebbe spiegare l’efficacia della cura unica: al momento della prescrizione terapeutica, optare per un inibitore di IL-1 fra i farmaci disponibili per il trattamento dell’artrite reumatoide potrebbe perciò essere di grande aiuto nelle tante persone che soffrono anche di diabete di tipo 2.
Le articolazioni gonfie e dolenti, rigide al mattino, che in molti casi finiscono addirittura per deformarsi. Un calvario, quello delle persone con artrite reumatoide, che purtroppo talvolta viene aggravato dal diabete di tipo 2. In Italia succede al 13,6 % dei pazienti, che per colpa della glicemia alta vedono peggiorare la qualità di vita e aumentare ulteriormente il rischio di conseguenze serie connesse all’artrite reumatoide, come infarti e ictus. Per loro potrebbe però essere di grande aiuto una terapia che in un colpo solo tiene a bada l’artrite reumatoide e fa scendere gli zuccheri nel sangue.
A dimostrarlo uno studio italiano multicentrico pubblicato sulla rivista PLOS Medicine, coordinato dalla Cattedra di Reumatologia del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze Cliniche Applicate dell’Università de L’Aquila, che è stato addirittura interrotto prima del previsto grazie agli ottimi risultati ottenuti nei pazienti trattati con un antagonista dell’interleuchina-1 (IL-1), una citochina infiammatoria.
Artrite reumatoide e diabete di tipo 2 condividerebbero infatti alcuni meccanismi molecolari e questo può essere sfruttato per semplificare il trattamento, scegliendo fra le diverse opzioni terapeutiche contro l’artrite reumatoide un farmaco che possa curare anche il diabete riuscendo a ridurre del 42% la quota dei pazienti con la glicemia fuori controllo.
“L’artrite reumatoide è una patologia infiammatoria cronica autoimmune che si associa spesso ad altre malattie come problemi cardiovascolari, infezioni, tumori, disturbi polmonari e neuropsichiatrici - spiega Roberto Giacomelli, direttore della Divisione di Reumatologia del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze Cliniche Applicate dell’Università de L’Aquila e coordinatore dello Studio – Il diabete di tipo 2 è una delle patologie associate più frequenti: avere l’artrite reumatoide infatti raddoppia il rischio di ammalarsi di diabete. Le stime internazionali ipotizzano che la glicemia alta riguardi dal 15 al 50% dei pazienti con artrite reumatoide, secondo uno studio italiano recente condotto su 500 malati il problema in Italia riguarda il 13,6%. Considerando che nel nostro Paese vivono circa 400.000 persone con artrite reumatoide, i pazienti che soffrono contemporaneamente di diabete di tipo 2 quindi sono poco meno di 55.000”.
Lo studio ha coinvolto 39 pazienti con artrite reumatoide e diabete di tipo 2 reclutati in 12 diversi centri reumatologici italiani, seguiti per sei mesi dopo aver iniziato una terapia a base di anakinra, un antagonista selettivo per IL-1, oppure con uno fra diversi inibitori del TNF, messo a punto da Sobi.
“I risultati sono stati talmente positivi che abbiamo interrotto la sperimentazione anzitempo per poter trattare con l’antagonista IL-1 anche i pazienti inclusi nell’altro gruppo - racconta Giacomelli - Oltre a controllare i sintomi dell’artrite reumatoide, infatti, il farmaco ha consentito una riduzione significativa dell’emoglobina glicata, indicativa dell’andamento della glicemia negli ultimi due-tre mesi; il rischio di non riuscire a raggiungere il target di emoglobina glicata prefissato per il controllo del diabete, ovvero un’emoglobina glicata inferiore a 7, si è ridotto del 42%”.
Un risultato importante per i pazienti, perché il diabete è un problema che oltre a compromettere la qualità di vita aumenta considerevolmente il già elevato pericolo di andare incontro a malattie cardiovascolari.
“Le due malattie sembrano condividere alcuni meccanismi molecolari di base: IL-1 è coinvolta nei processi infiammatori tipici dell’artrite reumatoide e viene prodotta dall’attivazione del sistema immunitario conseguente a un eccessivo introito di nutrienti, come quello che spesso contraddistingue chi ha il diabete di tipo 2. - osserva Giacomelli - L’inibizione di IL-1 potrebbe perciò ‘spegnere’ una iper-attivazione infiammatoria presente in entrambe le patologie, consentendo una terapia unica efficace per raggiungere gli obiettivi terapeutici sia per il diabete di tipo 2, sia per l’artrite reumatoide. Si tratta di una semplificazione della cura che riduce il carico di farmaci e quindi anche di possibili effetti collaterali, una sorta di ‘prendi due paghi uno’ che possiamo scegliere al momento della prescrizione della terapia per la malattia reumatica, optando per un antagonista IL-1 fra le diverse opportunità terapeutiche possibili; la terapia singola, inoltre, può migliorare l’aderenza e la compliance al trattamento e può infine contribuire a ridurre i costi sanitari della gestione delle due patologie”.
L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica autoimmune che colpisce le articolazioni: nelle patologie autoimmuni il sistema immunitario attacca i tessuti sani non riconoscendoli come tali, in questo caso il bersaglio è la membrana sinoviale, che "riveste" la superficie delle ossa nelle articolazioni e, infiammandosi, aumenta di volume. Il processo porta alla distruzione della cartilagine e nei casi gravi di ossa, tendini, legamenti; i sintomi sono dolore, gonfiore, rigidità più intensa al risveglio e perdita della funzionalità delle articolazioni coinvolte. Il dolore è spesso spontaneo, continuo e molto intenso; presente a riposo, tende a migliorare con il movimento. Segno tipico è la presenza di articolazioni gonfie e dolenti per oltre sei settimane; la diagnosi è confermata con test sul sangue per i livelli del Fattore Reumatoide, presente in circa il 70% dei pazienti, e per gli anticorpi anti-peptidi citrullinati (anti-CCP); sono utili anche radiografia, ecografia e, in casi selezionati, risonanza magnetica. La prevalenza è circa l’1% della popolazione, per un malato ogni 250 abitanti e circa 400.000 pazienti; il rapporto donne-uomini è di 3-4 donne malate per ogni paziente maschio e la frequenza maggiore di comparsa è fra i 40 e i 60 anni.
Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune ed è la conseguenza della distruzione, più o meno rapida, delle cellule beta del pancreas che producono insulina, l’ormone deputato alla regolazione del metabolismo del glucosio. Gli anticorpi dell’autoimmunità si formano in soggetti predisposti probabilmente in risposta a fattori scatenanti presenti nell’ambiente (virus, sostanze tossiche); insorge generalmente in bambini, adolescenti o giovani adulti, anche se esiste il LADA (Latent Autoimmune Diabetes of the Adult) in cui l’attacco autoimmune alle cellule che producono insulina è lento e meno imponente e la malattia si sviluppa nell’arco di anni, comparendo in età più avanzata. In questi pazienti il trattamento con insulina è obbligatorio e indispensabile, perché l’organismo non la produce più. In Italia i pazienti con diabete di tipo 1 sono circa 250.000, pari al 5% di tutti i pazienti con diabete.
Il diabete mellito di tipo 2 è una malattia cronica su base multifattoriale, che si sviluppa nell’arco di molti anni a causa di un deficit della produzione di insulina da parte delle cellule beta pancreatiche; non è mai dovuto all’autoimmunità ed è sempre meno grave di quello presente nel diabete di tipo 1. Il diabete di tipo 2 è caratterizzato da una combinazione di insulino-resistenza, ovvero l’incapacità dei tessuti di rispondere all’insulina in maniera piena e adeguata e dalla carenza relativa dell’ormone, ovvero una quantità inadeguata di insulina rispetto alle esigenze. Il deficit di secrezione e l’insulino-resistenza hanno numerose cause, da una predisposizione genetica all’eccesso di peso dovuto a dieta inadeguata e sedentarietà, che è spesso presente in questi pazienti. Il diabete di tipo 2 compare in genere dopo i 40 anni, anche se l’età si sta abbassando, e riguarda quasi 4 milioni di italiani a cui si aggiunge un altro milione di pazienti che sono diabetici senza saperlo.
FONTE: PLOS Medicine